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"Nelle foto che Aurelio ha scattato ai Prigioni michelangioleschi (che del gruppo del Laocoonte sono quasi emanazioni filiali) si cava con perspicui contorni la sua aspirazione a giostrare la luce (fin ai limiti del virtuosismo) per tener sempre desti i cuori e le menti di coloro che s’accostino alle sue immagini. Strategia che peraltro obbedisce a una delle norme fondamentali dell’arte oratoria di Cicerone e che fu applicata all’espressione loro da tanti artisti fiorentini del Quattrocento e degli inizi del Cinquecento: se vuoi che l’uditorio ti segua e mai si distragga, catturane i sensi commuovendolo. Questo par voglia suggerire Giuliano de’ Medici, duca di Nemours, che Aurelio costringe a un affaccio – fra il timido e il melanconico – dalle lesene scanalate che riquadrano la nicchia dove lui siede; a sovrastare la sua sepoltura. Figura ch’è saluto d’accoglienza e insieme sensitivo paradigma dell’intero ciclo michelangiolesco."
- Antonio Natali
In Aurelio Amendola. Il primato della luce, a cura di A. Natali e A. Bimbi, catalogo della mostra (Pontassieve), Firenze 2017, pp. 13-20.
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Aurelio Amendola, Michelangelo Buonarroti, Tomba di Giuliano de’ Medici, Sagrestia Nuova, San Lorenzo, Firenze, 1992